29 dicembre 2011

Fine d'anno in compagnia dei libri

Sto trascorrendo gli ultimi giorni dell'anno all'insegna dei pensieri dolci. Avremo tante cose di cui preoccuparci alla ripresa del lavoro, meglio concedersi ora un po' di atmosfera delicatamente inglese.... Il fatto di dover preparare degli incontri sull'opera di Jane Austen per il prossimo gennaio aiuta di certo a nutrire l'aria di sapori di tè, del ricordo del profumo delle rose, del frusciare di pagine ingiallite e di sottili lavori di ricamo. 
Foto di Mara Barbuni 
Da mattina a sera vivo in un tempo che non appartiene al presente, ma all'immaginazione e alla storia, e come al solito è un'emozione impareggiabile. Sto leggendo Northanger Abbey, il più lieve dei romanzi di Austen, con tanta delizia e con la sorpresa che contraddistingue quelle letture che ripeti dopo molti anni, che ti accorgi di non aver apprezzato a sufficienza e che per questo ami ancora di più.
Per prepararmi meglio alle mie conferenze, inoltre, sto riprendendo due importanti volumi sull'autrice di Steventon che sono The Cambridge Companion to Jane Austen e Jane Austen. The World of Her Novels dell'espertissima Deirdre Le Faye. Quest'ultimo è un lavoro speciale, ricco di informazioni, di dettagli, di descrizioni e soprattutto di illustrazioni, ed ha la capacità di trascinarti direttamente nel mondo Regency facendoti gustare la morbidezza delle sete e della mussola, la vivacità di un barouche, il frastuono di un ballo, il tenero conforto di una dimora di campagna. E a proposito di illustrazioni, quando proprio non si può resistere a visualizzare le scene del mondo e delle opere di Austen, suggerisco di visitare mollands.net, un vero archivio di piccoli gioielli! 



22 dicembre 2011

Natale in libreria

A Natale le librerie sono la vera casa di Santa Claus. Le sale sono decorate a festa, piene di luci e di canti, e i lettori si aggirano con gioia tra le pile di tesori ammonticchiati qui e là, o riposti ordinatamente sugli scaffali. E' un vero paese dei balocchi, dove le copertine dei libri sembrano scintillare attirandoti verso di loro, e la carta nuova effonde un profumo che alle nostre narici sa di ciocchi, di castagne, di boschi e di neve.
I commessi, poi, anche se esausti e talvolta scontrosi, paiono trasformarsi in un piccolo esercito di folletti, che seri e industriosi trasportano volumi e volumi, e impacchettano, e annodano, e affioccano, e imbustano, e ricominciano daccapo. Cosa c'è di meglio di una libreria nei giorni di Natale, quando finalmente si fa meno attenzione al portafoglio e si ha voglia di esaudire desideri? 
Perché il Natale è un po' il compleanno dei libri, è la loro festa, il momento dell'anno in cui li si celebra e li si coccola di più. E tanta letteratura ha ringraziato per queste attenzioni, e a sua volta si è fatta portatrice e portavoce di quell'atmosfera tutta speciale condita di spezie e di campane, di allegria e di penombra, di caminetti, di vaniglia e di nostalgia. 
Vi regalo allora un breve elenco di libri che ci raccontano il Natale, per passarlo nel migliore dei modi, e in compagnia dei migliori amici che abbiamo. 
Un'illustrazione da A Christmas Carol di Dickens
Agatha Christie, Il Natale di Poirot, L'avventura del dolce di Natale, Una tragedia natalizia
Washington Irving, Il Natale vecchio
Charles Dickens, Canto di Natale, Le campane, Il grillo nel focolare, Il patto col fantasma, La battaglia della vita
Clement Clarke Moore, Era la notte prima di Natale
Truman Capote, Ricordo di Natale
Arthur Conan Doyle, L'avventura del carbonchio azzurro
Anton Checov, Natale
Nikolaj Gogol, La sera prima di Natale
J. R. R. Tolkien, Lettere di Babbo Natale
James Joyce, I morti
Dylan Thomas, Il mio Natale nel Galles
e per la poesia: Christmas at Sea di Robert Louis Stevenson (ascoltate la versione cantata di Sting pubblicata nell'album If On a Winter's Night), e Nativity di John Donne.


18 dicembre 2011

Il Natale di Poirot

È un ottimo periodo, questo, per dedicarsi alla lettura (e quale non lo è?). Il Natale è alle porte, recando con sé deliziose atmosfere di calore e di piccole luci, di canti lontani e di caminetti accesi. È curioso pensare a quante storie di Natale, invece, scelgano di raccontare il lato oscuro dell'essere umano, i suoi silenzi densi di sospetto, le sue meditazioni truci, il suo passato da dimenticare.

Lo sa bene il nostro beneamato Hercule Poirot. In Il Natale di Poirot, che ho appena finito di leggere in onore dei festeggiamenti natalizi, l'investigatore sostiene che le feste sono un momento estremamente propizio per il delitto, poiché riuniscono famiglie divise da antichi rancori risvegliando odii e desideri di vendetta altrimenti sopiti.

Questo romanzo è magistrale nella struttura, avendo come oggetto un omicidio compiuto in una stanza "a porta chiusa", come nella tradizione inaugurata da Poe, ed è perfetto nella delineazione dei personaggi. I quattro figli della vittima, le loro mogli, gli altri ospiti, la servitù di casa, gli agenti di polizia sfilano davanti agli occhi del lettore come creature umane, ciascuna con i suoi segreti. E Poirot, come al solito, muove silenziosamente i fili dell'intreccio, arrivando alla soluzione perfetta. Nonostante il delitto, il Natale torna rassicurante quando il piccolo uomo scioglie il mistero e ci restituisce la normalità del suo impeccabile metodo deduttivo.


11 dicembre 2011

Guerra e pace/2

Violante Placido nei panni di Hélèna Kuragina
Il romanzo di Tolstoij procede, e dopo gli esterni sui campi di battaglia mi ha riportato nelle grandi dimore aristocratiche di Pietroburgo. In questo momento sto conoscendo meglio il personaggio di Pierre, disegnato con i tratti più alti dell'arte letteraria, che lo rendono una figura viva, reale, pensante. I suoi pensieri sono oggi tormentati dalla malia che Hélène Kuragina esercita su di lui, una fascinazione che egli già avverte come il pungolo di un desiderio sbagliato, infido, destinato alla disgrazia. Ma la bellezza di Hélèna è irresistibile, e le astute strategie dei suoi parenti alimentano il fuoco della sua seduzione. Pierre è praticamente, inconsapevolmente, e tragicamente, già perduto. 
Michelle Pfeiffer nei panni
della contessa Olenska
Il passo della cena nel palazzo del principe Vasilij, padre di lei, durante la quale il padrone di casa e tutti i convenuti tessono una tela di ragno invisibile ma indistruttibile ai fini di spingere Pierre alla proposta di matrimonio mi ha ricordato una delle ultime scene de L'età dell'innocenza diretto da Martin Scorsese (tratto dal romanzo di Edith Wharton). Ho rivisto quella terribile cena in onore degli egregi ospiti Van der Luyden nel corso della quale il protagonista, Newland Archer, si ritrova infine a cospetto della propria rovina. D'un tratto, tra una portata e l'altra, nel quieto fiume delle parole più garbate, egli si accorge che tutta la buona società di New York è, seppur muta, a conoscenza del suo amore extraconiugale con la contessa Olenska (che non a caso si chiama Ellen), e che il peso della protezione della tribù nei confronti di sua moglie May sta rischiando di soffocarlo. La scena del film è girata con tale maestria da poter competere con il libro, che pure è a sua volta un capolavoro. Alla fine di quella formidabile cena Archer scoprirà di aver perduto la propria libertà: e anche questo è un passo del film che merita di essere trattato con più attenzione. Potrei parlarne in un prossimo post : )


7 dicembre 2011

Guerra e pace

Ho terminato ora la seconda parte del romanzo di Tolstoij. Sono stati due racconti molto diversi per l'ambientazione: dapprincipio le grandi case aristocratiche dell'intatta Russia zarista, e poi il teatro di guerra, così grande negli intenti e così piccolo nelle miserie.
Ma i due fili della narrazione sono tenuti insieme dal sacro arcolaio delle Parche, e il senso di un destino incontrollabile già incombe sui personaggi, che pure solo da poco sono comparsi sulla scena. Il dramma dell'inesorabilità degli eventi, che è la cifra delle storie degli eroi, è già ben presente negli occhi e nel cuore del principe Andrej Bolkonskij. Egli è tormentato, sia a casa che al fronte, da una malinconia amara, una coscienza del fallimento cui è destinato il genere umano che non gli consente di godere di alcuna gioia. 

Il giovane Nikolaj Rostov è invece il ritratto della disillusione, ed è ai suoi pensieri che viene affidato il raccordo tra la prima e la seconda parte del romanzo: "La nera coltre della notte era appesa ad un braccio sopra il bagliore della brace. [...] Era solo. [...] Guardava i fiocchi di neve che volteggiavano sopra il fuoco e ricordava l'inverno in Russia, la sua casa calda e luminosa, la sua pelliccia soffice, la slitta veloce, il suo corpo sano, e tutto l'amore e le premure della sua famiglia." Leggere queste prime due parti è stato come farsi accompagnare da Tolstoij in un viaggio al di fuori della storia, dove si vede tutto e si soffre di tutto, ma nelle cui vicende non ci è dato di intervenire. Come Dante con Virgilio, o come Scrooge con i suoi fantasmi.

21 novembre 2011

Letture... di peso

Ogni tanto, tre volte o quattro volte l'anno, mi dedico ad una lettura veramente importante. La mia formazione, del tutto improntata alla letteratura (iscritta alla facoltà di Lingue, scelsi l'indirizzo filologico-letterario, che mi consentì di spaziare fra i veri capisaldi della storia della scrittura), ha spianato per me un percorso che mi ha sospinta verso le maggiori opere delle penne britanniche, nordamericane, italiane, mitteleuropee. Shakespeare, Mann, Kafka, Böll, Bernhard, Schnitzler, Defoe, Fielding, Marlowe, Brecht, Kleist, Marx, Leopardi, Pascoli, Dante, Petrarca, Dickens, Gaskell, Brontë, Eliot, Thackeray, Conrad, Spenser, Sidney, Schelling, Schiller, Hawthorne, James, Wharton sono alcuni degli autori sulle cui pagine ho speso mesi e mesi di preparazione ad esami universitari dai programmi molto ben sviluppati, che ho amato tanto e su cui ho anche sudato un po'. Allora non potevo concedermi letture di puro svago; non ne avevo il tempo. Finita l'università, concluso il dottorato, ho cominciato al contrario a dedicarmi a tutti quei libri che avevo sempre dovuto accantonare, ed oggi la lettura è davvero solo una passione. Talvolta, però, sento ancora il bisogno di una lettura... di peso. Di peso fisico, certo, ma soprattutto di peso letterario. Le letture di peso di quest'anno sono state Il nostro comune amico di Dickens, Anna Karenina di Tolstoj, Moby Dick di Melville. Ed ora tocca di nuovo a Tolstoj: dopo numerosi tentativi ho deciso definitivamente di entrare nel mondo di Guerra e pace. Credo che questo romanzo, da molti considerato la più alta espressione del genere, mi accompagnerà fino all'inizio del prossimo anno, e penso che il suo affollato foyer di personaggi (tutti scalpitanti, pronti ad entrare in teatro quando il loro sommo creatore li richiamerà sulla scena) mi terrà buona compagnia. 
Il foyer del Teatro La Fenice a Venezia.
Foto di Mara Barbuni 
Pubblicato per la prima volta in rivista, a puntate, tra il 1865 ed il 1869, Guerra e pace racconta di due famiglie, i Bolkonskij e i Rostov, durante la campagna napoleonica in Russia (1812). Ma questo grande romanzo non è solo una saga familiare: con i suoi continui e puntuali richiami filosofici, le dissertazioni scientifiche e i riferimenti cronologici, il racconto si fa forte della Storia, si imbeve di drammaticità, e scocca un potente sguardo onnisciente che domina tutti gli eventi, da quelli microcosmici (dall’intimità del salotto aristocratico alle pieghe del cuore) a quelli universali (come la battaglia di Borodino).
Per la sua potente espressività epica e tragica, da questo romanzo sono state tratte diverse versioni cinematografiche: War and Peace del 1956, diretto da King Vidor; Guerra e pace: Natascia - L'incendio di Mosca, colossal del 1967 diretto da Sergej Bondarčuk; Guerra e pace, miniserie TV della RAI del 2007 diretta da Robert Dornhelm.


16 novembre 2011

Death Comes to Pemberley

Il libro è finito, ed è con molta nostalgia che ho voltato la sua ultima pagina (elettronica). In questi ultimi giorni, trascorsi sprofondata in questa storia, è stato come se fossi stata invitata io stessa a Pemberley, a partecipare dei suoi ritmi delicati e a godere degli incantevoli panorami che si estendono illimitati fuori dalle sue finestre. E così terminare il libro mi ha dato la sensazione della fine di una festa da ballo particolarmente ben riuscita, quando la carrozza ti sta aspettando davanti al portone e già albeggia, e gli altri invitati, quelli che resteranno ancora a lungo nella grande dimora, ti salutano con la mano dall'alto del balcone. 
P.D. James è riuscita ad evocare il mondo austeniano con una sensibilità e una perizia non comuni. Già nel prologo il lettore che sia nuovo alla sua narrativa ha l'occasione di scoprire il suo talento, poiché in poche pagine l'autrice riesce a riassumere con straordinari acume e leggerezza l'intera vicenda di Orgoglio e pregiudizio, narrandola come una storia raccolta origliando qua e là fra le case e le botteghe di Meryton, e decorandola quindi con un delizioso tono da gossip (e uso questa parola nel suo significato di "comare", immaginando matrone e signore vestite di trine intente a chiacchierare dietro gli angoli delle porte). 
Ma l'avanzare dei capitoli viene scandito da una modulazione sempre più cupa. La luminosità del capolavoro di Jane Austen si attenua gradatamente ma infallibilmente, e presto lunghe ombre di dolore e di mistero si allungano sopra il bosco, il fiume, il cortile, e poi la grande magione di Pemberley. Il passo che traduco qui, che si colloca all'inizio della vicenda, è a questo proposito molto significativo:
"Attardandosi presso la finestra e accantonando le preoccupazioni del giorno, Elizabeth lasciò che gli occhi trovassero riposo su quella bellezza, che le dava calma, ma era sempre cangiante. Il sole scintillava dal cielo di un azzurro chiarissimo, in cui solo poche fragili nubi si dissolvevano, come fili di fumo. [...] Ora ella vide che il vento si era rinforzato. La superficie del fiume era increspata di piccole onde che si riflettevano sull'erba e sui cespugli che lo costeggiavano, le loro ombre interrotte tremanti sull'acqua agitata."
E poi questo ancor lieve sentore di minaccia si concretizza nel cuore della sera, quando i signori Darcy e i loro ospiti (tra i quali non mancano Jane e suo marito, Charles Bingley) vengono avvisati dell'arrivo di un trafelato cocchiere. "L'immaginazione le restituì ciò che era troppo lontano per esser visto - le criniere dei cavalli scosse dal vento, i loro occhi selvaggi e le spalle tese fino allo spasimo, e il postiglione ansante sulle redini. Erano troppo lontani perché le ruote si potessero sentire, e ad Elizabeth sembrò di star rimirando una carrozza spettrale, che silente s'involava nella notte di luna, come il temibile messaggero della morte."
E la morte arriva in effetti a Pemberley, mentre "il vento si precipitava d'un tratto all'interno, una forza gelida e irresistibile che sembrava prendere possesso dell'intera casa spegnendo in un momento tutte le candele"; e al di là dell'immediata tragedia della dipartita violenta di un uomo e delle conseguenze giudiziarie che si impongono su chi appare come il suo assassino, essa porta con sé un'atmosfera torbida e pesante, piena di pensieri oscuri, di rimorsi, di dubbi fiaccanti. Il protagonista di tali e tante cupe riflessioni è soprattutto Darcy, che a causa dell'omicidio avvenuto sulle sue terre e del processo si ritrova rispedito indietro nel proprio passato e negli imbarazzi e nelle difficoltà che avevano caratterizzato la sua vicenda personale in Orgoglio e pregiudizio. Come ella stessa sostiene (vedi post precedente), una delle ragioni per le quali P.D. James ha intrapreso la scrittura di un sequel austeniano è stata la necessità di cercare una soluzione al carattere misterioso di questo meraviglioso personaggio, che nella storia originale subisce una trasformazione netta e a tratti inspiegabile; e posso affermare che questo romanzo ci racconta Darcy nella sua immensa umanità, fatta di passione, di amore, di dedizione, ma anche di paure, di ripensamenti, di debolezze. Noi lettori soffriamo insieme a Darcy per l'intero corso dell'udienza e vorremmo presto vederlo liberato dalle pene che lo affliggono; ancora una volta l'"Uomo" creato da Jane Austen ci mette a disposizione i suoi sentimenti e le sue fragilità e ci entra nel cuore insieme alla sua Elizabeth.
E allora anche noi, già seduti nella nostra carrozza che lascia Pemberley, ci giriamo a salutare di nuovo, come se i padroni di casa, e Jane, Bingley, Georgiana, Mrs Reynolds (ma anche Emma e Knightley, e Anne e Wentworth, le cui vicende in un modo o nell'altro James fa intrecciare alla propria storia) e tutti gli altri fossero amici che sappiamo non rivedremo presto. 
Almeno fino alla prossima lettura. 


8 novembre 2011

P.D. James a Pemberley

Chatsworth, Derbyshire
Pemberley in Pride and Prejudice 2005
In questi giorni mi sto godendo il nuovo romanzo di P. D. James, Death Comes to Pemberley, e lo sto leggendo con una lentezza per me inusitata; per quanto sia curiosissima di sapere come si concluda la vicenda, non voglio precorrere i tempi e sento già il dispiacere di quando l'avrò finito. In attesa dei commenti finali, destinati al prossimo post, mi piace ascoltare l'intervista rilasciata dall'autrice a presentazione del suo libro; il video è in inglese, e vale la pena di essere visto anche solo per ammirare lo sguardo ancora limpido e arguto dell'anziana scrittrice (ecco il link: http://vimeo.com/31252065). Per facilitare la comprensione da parte di tutti, tuttavia, ho cercato di tradurre i passi salienti della conversazione: 
Lyme Park, Cheshire
Pemberley in Pride and Prejudice 1995
"Jane Austen è prepotentemente la mia scrittrice preferita, e lo è da moltissimi anni; ho cominciato a leggerla nella mia infanzia, e i suoi sono stati i primi libri che io abbia letto. Li rileggo ancora e ancora; credo di rileggerli tutti una volta all'anno, e in parte li conosco a memoria. Penso sia così per tutti i suoi ammiratori; ella vive nella nostra immaginazione. Credo sia perché anche i suoi personaggi vivono dentro di noi che ci sembra di conoscerli così da vicino; siamo sempre tentati di chiedere: 'Cos'è accaduto dopo?'. Tutti i suoi libri finiscono con un buon matrimonio, sono tutte storie romantiche che rispondono ad un modello di base - c'è una giovane donna attraente che vive molte difficoltà, ma le supera e alla fine sposa l'uomo che si è scelta. E immagino che noi ci chiediamo, 'D'accordo, ma poi cos'è successo? Hanno avuto dei figli? E' andato tutto per il verso giusto? Si sono sistemati bene? Cos'è successo?' Per questa ragione in molti hanno effettivamente scritto dei sequel - io non li ho letti, e non ero minimamente tentata di scriverne uno, perché, essendo una scrittrice, la creazione dei miei personaggi per me è molto importante, e non sentivo il bisogno di usare il lavoro degli altri. Ma l'altra mia passione è scrivere gialli, e ho trovato irresistibile l'idea di mettere insieme questi due miei amori: esaminare un matrimonio felice, come sappiamo è stato quello di Darcy ed Elizabeth, e rispondere ad alcune domande che il libro [Orgoglio e pregiudizio] lascia irrisolte - la più importante è lo straordinario cambiamento nel carattere di Darcy nel periodo intercorso tra la sua prima proposta di matrimonio ad Elizabeth e la seconda, andata a buon fine -; e contemporaneamente vedere se ero in grado di costruire un giallo con degli indizi e una soluzione razionale che il lettore potrebbe aver scritto di proprio pugno obbedendo alla deduzione logica (gli indizi compaiono tutti nel libro) e arrivare alla fine ad una soluzione del mistero. Ho voluto che l'ambientazione fosse rurale, un'ambientazione che mostrasse il contrasto tra il mistero da una parte e l'ordine, la pace, la civiltà che Pemberley rappresenta dall'altra. Nel libro Pemberley è il simbolo della civilizzazione raggiunta nella sua epoca; fuori poi ci sono due terreni boschivi, di cui uno è una creazione dell'uomo, il risultato del progetto di un celebre architetto paesaggista; l'altro è invece lo spazio selvaggio, situato a nordovest rispetto alla casa, attraverso cui si trova l'ingresso al quartiere della servitù e il passaggio verso le stalle. Questo territorio rappresenta la tenebra e il mistero, e vi ha luogo una tragedia di cui ora non vi parlerò, ma in conseguenza della quale nessuno osa visitarlo dopo che è sceso il buio. Si presenta dunque questo forte contrasto tra i due spazi, che pure sono così vicini: dalle finestre della casa si vedono, in lontananza, le ombre oscure del bosco."
La passione per i personaggi austeniani, un setting che trasuda magnificenza, l'impoderabile senso del gotico, i presupposti di una tempesta di emozioni. La ricetta perfetta per invitare alla lettura in queste giornate piovose e presto buie.


1 novembre 2011

Phyllis Dorothy James

Questa distinta signora dallo sguardo glaciale è Phyllis Dorothy James, meglio conosciuta al grande pubblico con le iniziali dei suoi due nomi di battesimo che hanno creato come un marchio di fabbrica per una delle forme più alte della letteratura gialla contemporanea. P.D. James, membro permanente della House of Lords (il suo titolo è Baroness James of Holland Park), nata a Oxford nel 1920, è tuttora in attività: nei prossimi giorni è prevista infatti l'uscita di Death Comes to Pemberley, una storia di omicidi ambientata niente meno che nella dimora dell'austeniano Mr Darcy (qui è possibile leggere il comunicato stampa della casa editrice Faber&Faber; ed ecco il link al booktrailer). Il libro, che si inserisce nella intensa produzione di sequel tratti dalle opere di Jane Austen, è un successo di pubblico ancora prima di essere apparso nelle librerie - e considerato lo straordinario talento dell'autrice i lettori non ne resteranno di certo delusi. Ve ne parlerò, credo, già nel prossimo post; la versione ebook è già disponibile, e l'ho scaricata questo stesso pomeriggio : )
Il primo giallo di P.D. James, Cover Her Face (Copritele il volto), fu pubblicato nel 1962, e registrava già la presenza del personaggio che resterà per sempre legato al nome della scrittrice (come Poirot per Christie, Holmes per Conan Doyle, Maigret per Simenon o Marlow per Chandler), il comandante Adam Dalgliesh di Scotland Yard. Dalgliesh è un detective sommamente intelligente, ma dotato anche di una inusitata sensibilità e gentilezza nei confronti delle reazioni umane all'assassinio; è un poeta (pubblicato), un'anima venata da una costante malinconia - la moglie è morta di parto ed egli riesce difficilmente ad avvicinarsi ad un'altra donna, anche a causa del proprio lavoro -, un ricco gentiluomo che guida una Jaguar e alla fine del servizio si rintana nel proprio inviolabile rifugio, un elegante appartamento della City affacciato sul Tamigi. 
Anche Londra, e in senso lato il paesaggio inglese, sono aspetti significativi della narrativa di P.D. James. In taluni romanzi la grande città è una protagonista così appassionatamente descritta di tali e tanti passaggi del racconto da diventare a sua volta un personaggio, quasi dotato di una propria essenza vitale. Il libro che sto leggendo in questi giorni, La stanza dei delitti (Murder Room, 2003; il dodicesimo giallo di Adam Dalgliesh), è particolarmente espressivo nella sua celebrazione metropolitana: ho sottolineato passi che starebbero bene nell'altro resoconto di Londra di un altro James di cui ho trattato nel post precedente. "[I]l sogno di Londra era rimasto. Dall'adolescenza in poi si era fatto più forte e aveva assunto la solidità del mattone e della pietra, il riverbero della luce del sole sul fiume, la solennità degli ampi viali e l'angustia delle strette viuzze che portavano a cortili seminascosti. [...] Lei pensava a Londra come un navigante potrebbe pensare al mare: era il suo elemento naturale ma aveva un potere che incuteva timore e lo affrontava con guardinga cautela e rispetto."
I gialli di P.D. James che trattano delle indagini di Adam Dalgliesh sono, in ordine cronologico:
1962 - Copritele il volto (Cover Her Face)
1963 - Una mente per uccidere (A Mind to Murder)
1967 - Per cause innaturali (Unnatural Causes)
1971 - Scuola per infermiere (Shroud for a Nightingale)
1975 - La torre nera (The Black Tower)
1977 - Morte di un medico legale (Death of an Expert Witness)
1986 - Un gusto per la morte (A Taste for Death)
1989 - Una notte di luna per l'ispettore Dalgliesh (Devices and Desires)
1994 - Morte sul fiume (Original Sin)
1997 - Una certa giustizia (A Certain Justice)
2001 - Morte in seminario (Death in Holy Orders)
2003 - La stanza dei delitti (The Murder Room)
2005 - Brividi di morte per l'ispettore Dalgliesh (The Lighthouse)
2008 - La paziente privata (The Private Patient)
E per gli amanti del giallo puro, quello che non nasconde la mancanza di idee dietro le indulgenze nel sangue e nelle viscere sul lettino dell'anatomopatologo, sono libri eccezionali.


25 ottobre 2011

Ore inglesi

Leggere Ore inglesi di Henry James è stato come ritornare d'un tratto alla scorsa estate, riprendere la strada della "mia" Inghilterra, immergermi di nuovo nel suo verde tenero, nelle sue linee scoscese rivestite d'erica, nei suoi orizzonti profilati di pietre antiche. E' stato come trovare su una pagina di carta le parole che mi vagheggiavano nella mente mentre osservavo quei luoghi, ma alle quali non avrei mai saputo dare forma. Henry James - lo ripeto sempre - è lo scrittore perfetto. Non c'è scrittura che eguagli la sua, non esistono altri esempi letterari che raggiungano la sublimità della sua sintassi e la struggente bellezza dei suoi toni narrativi e saggistici. Ore inglesi, che è un resoconto da "turista sentimentale" - come l'autore spesso si definisce, è l'espressione del James che amo di più, ovvero del viaggiatore, dell'emigrante che non sa trattenersi dalla commozione nell'ammirare un tramonto inglese, o nel godere di domeniche pomeriggio allietate dal fruscio delle foglie, dal tintinnare delle tazze di tè, dallo sciabordare del mare lontano, azzurro e brillante come uno zaffiro. Quando mi capita di leggere brani come i saggi contenuti in questo libro non posso esimermi dalle citazioni, perché non ci sono parole altrui che possano renderne la magnificenza. Per chi è stato in Inghilterra questi passi saranno dolcissime rievocazioni di di un incanto che è impossibile dimenticare; per chi non c'è mai stato saranno forse un invito irresistibile.
Serpentine, Hyde Park.
Foto di Mara Barbuni (2007)
I parchi di Londra
"La vista dal ponte sul lago Serpentine è di una nobiltà straordinaria [...]. Nel panorama delle città europee è arduo trovare qualcosa di altrettanto bello. [...] L'ampio corso [del] Serpentine, simile a un fiume, si apre la strada tra i suoi margini alberati. Appena passato il ponte [...], se si guarda a sinistra, oltre il cancello dei Kensington Gardens [...], si gode di una vista spettacolare: un sentiero si perde tra le querce e gli olmi sparsi."
Ricordi d'inverno
"C'è ancora qualcosa che mi riporta alla mente gli incanti dell'infanzia - l'attesa del Natale, il gusto di una passeggiata in un giorno di vacanza - nel modo in cui le vetrine luccicano nella nebbia. [...] Ci sono effetti di luce invernale [...] che in qualche modo, rievocati, toccano le corde della memoria e addirittura la fonte delle lacrime; come ad esempio la facciata del British Museum in un pomeriggio buio. [...] L'arioso colonnato del museo, le sue due ali simmetriche, le alte grate di ferro con i piedistalli in granito, l'intuizione delle sale in penombra all'interno, con tutti i loro tesori: indugiano tutti, pazienti, dietro strati di atmosfera che [...] danno loro un tocco d'allegria, come di luci rosse nella tempesta."
"[N]ella settimana di Natale [...] mi assale il pensiero della Londra di Dickens [...]. Giorni in cui i camini ardono nella penombra deserta dei club, e i libri nuovi, disposti sui tavoli, dicono: 'Ora hai tempo di leggermi', e il tè pomeridiano con il pane tostato, e il gentiluomo [...] che si risveglia dal suo sonnellino. Inoltre, per un uomo di lettere, [...] questo [è] il momento migliore per scrivere. [...] Il clima crea una sorta di mezzanotte perenne e allontana ogni possibile interruzione. Non fa bene alla vista ma è ideale per l'immaginazione."
Il Warwickshire
"I prati del Warwickshire stanno ai comuni scenari inglesi come questi ultimi stanno al resto del mondo. Per miglia e miglia non si vedono altro che ampie distese ondulate di pascoli, ricoperti da un vellutato manto erboso [...], dove crescono siepi dall'intrico lussureggiante tra le quali [...] spuntano querce e olmi su cui si abbarbica l'edera."
Glastonbury. Foto di Mara Barbuni (2007)
Chiese in rovina
"Ho avuto spesso la sensazione che in Inghilterra il piacere architettonico più puro fosse da ricercarsi nelle rovine dei grandi edifici. [...] nella misura in cui la bellezza di una struttura coincide con la bellezza di linee e curve, con l'equilibrio e l'armonia di volumi e dimensioni, raramente ne ho tratto un appagamento intenso come quello conosciuto sul tappeto erboso della navata di una qualche chiesa fatiscente, al cospetto di colonne solitarie e finestre vuote con le piante selvatiche a fare da cornice e le nubi veloci al posto del tetto. [I] vetusti ruderi di Glastonbury mi riportarono alla memoria [...] un'altra delle grandi reliquie del mondo: l'Ultima cena di Leonardo. In entrambi i casi, tutto ciò che resta è una suggestiva ombra; ma l'ombra è l'anima dell'artista."
Stonehenge
Stonehenge. Foto di Mara Barbuni (2007)
"Si possono porre centinaia di domande a questi giganti di pietra grezza, curvi nella mesta contemplazione dei loro compagni caduti; ma la curiosità cade priva di vita nella vasta fissità soleggiata che li avvolge [...]. E' davvero qualcosa di immensamente vago e immensamente profondo. [...] Posso immaginare di trascorrere un'intera giornata d'estate seduto a contemplare le ombre che si accorciano e tornano ad allungarsi, e tessere un delizioso contrasto tra la durata del mondo e il breve intervallo dell'esperienza individuale." 
Riflessioni di un passeggero
"Ma chi può raccontare la storia di un sentimento romantico quando l'avventuriero giunge alla sua meta, quando si attarda in una vecchia casa di campagna inglese mentre il tramonto adombra gli angoli delle eloquenti stanze ed egli, vinto da quello spettacolo, fermo davanti alla finestra, distoglie lo sguardo dal ritratto di un bel volto ancestrale che sembra osservarlo e lo volge alle dolci ondulazioni del prato che si vanno ad adagiare nel parco?"

Henry James, Ore inglesi (Editori Internazionali Riuniti, trad. di R. Arrigoni)


17 ottobre 2011

Il segreto della collana di perle

Il segreto della collana di perle di Jane Corry (Newton & Compton) è uno di quei libri che possono trascinarti per ore, fino al loro esaurimento. La scrittura è facile e veloce, e i personaggi piuttosto interessanti, quantunque si ritrovino tante somiglianze caratteriali fra di loro che infine appaiono tutti quali particolari estrinsecazioni di una medesima personalità. Sono tutti, per inciso, personaggi femminili, poiché The Pearls (titolo originale più adeguato di quello italiano, visto che non c'è alcun grande "segreto" a far da sfondo alla trama) è la storia di un'eredità, di una collana di due giri di perle con fermaglio di diamanti che passa da madre in figlia - o nipote - nell'arco di più di un secolo. Il gioiello è come una catena: è il simbolo di un legame che avvince le protagoniste della storia condannandole tutte ad un medesimo destino. Respira fra le pagine un forte senso di precarietà dell'esistenza, di fallimento, di fine, e insistono davanti ai nostri occhi raffigurazioni della corporeità femminile che sembrano fungere da motiv (attualmente, bisogna ammetterlo, molto di moda, forse in obbedienza ad una inossidabile scuola di pensiero che vuole le scrittrici impegnate a fare della loro parola un veicolo, se non addirittura una vera rappresentazione del corpo della donna) piuttosto che essere sostanziali passaggi del racconto. Infine, la storia si dipana senza ostacoli, con una straordinaria e agilissima abilità di descrivere anche decenni nello spazio di poche righe; ma questo sentore di tragedia che ne accompagna lo svolgimento è incombente nella mente del lettore, e si desidera arrivare presto alla fine, non già per conoscere l'esito delle vicende di Caroline o di Grace, quanto per passare il prima possibile ad un nuovo libro, magari latore di speranza.


6 ottobre 2011

Jane Austen online

Sebbene mantengano sempre uno sguardo rivolto al passato, a quella perduta età dei merletti, delle porcellane, del clavicembalo e delle contraddanze, le Janeite non sono affatto estranee alla contemporaneità. Ne è una prova chiara il fatto che frequentano la dimensione di Internet con dovizia di tempo e di concentrazione, curiose di trovare in Rete notizie, articoli, informazioni su eventi e manifestazioni, diari online che riguardino la loro beniamina. Molte di loro, stimolate dagli esperimenti multimediali altrui, hanno intrapreso un loro personale percorso web; e quello che era, alle origini, un semplice blog da far commentare alle amiche, è diventato nei mesi un più ampio spazio di condivisione, uno strumento di affermazione del potere sociale e socializzante che le opere di Jane Austen continuano a vantare, anche duecento anni dopo la loro pubblicazione. 
Ricercando qualche informazione per questa sezione del mio blog, sono approdata ad un intero elenco di blog, siti web, bibliografie online, communities e profili Facebook dedicati solo alla scrittrice dello Hampshire, di cui voglio fornire i link per dar conto di quanto Internet sia un pozzo di costanti aggiornamenti. Ho già menzionato Un tè con Jane Austen  e The Republic of Pemberley, ma devo aggiungere anche, sebbene un po' in disordine:
www.jasna.org, il sito del Jane Austen Society of North America
www.janeausten.ac.uk, in cui è possibile trovare l'opera di Jane Austen nell'edizione digitale dei manoscritti;
www.janeausten.org
www.austen.com
www.austenblog.com
www.mollands.net, che contiene bellissime illustrazioni dai romanzi
www.janeaustensworld.wordpress.com, davvero ben curato!
janitesonthejames.blogspot.com e oldfriendsnewfancies.blogspot.com, dedicati a sequel e spin-off
http://it-it.facebook.com/pages/Il-club-italiano-di-Jane-Austen/431000555033
e chissà quanti altri ce ne saranno! Ogni volta che ne incontrerò uno, lo inserirò in questa lista. Qualsiasi suggerimento in più, naturalmente, sarà il benvenuto...


4 ottobre 2011

Jane Austen sullo schermo

La filmografia austeniana è sconfinata, e forse una vera Janeite non si è persa nessuna di queste realizzazioni cinematografiche. Io ci sto pian piano lavorando: sono infatti in attesa di ricevere dal postino il pacchetto in cui troverò tre dvd ordinati su amazon.co.uk. Il primo è Persuasion, uscito nel 1995 per la regia di Roger Mitchell, con Anne Elliot interpretata da Amanda Root e il capitano Wentworth da Ciaràn Hinds. Quando arriverà, sarà posizionato sul mio scaffale accanto al Persuasion del 2007, diretto da Adrian Shergold sempre per la BBC, con Sally Hawkins nel ruolo di Anne e un azzeccato Rupert Penry-Jones per il capitano. Nello stesso package troverò la versione di Emma  interpretata da Kate Beckinsale (1996): vedremo se sarà una protagonista più verosimile di Gwyneth Paltrow (ancora 1996), che mi è sembrata davvero troppo "americana" per la parte.  


Ho acquistato inoltre (tenendo conto che i dvd su amazon.co.uk costano intorno alle 4£, altro che i folli prezzi italiani!) un film biografico che racconta gli ultimi anni della scrittrice, Miss Austen Regrets (BBC, 2007, con Olivia Williams nei panni di Jane Austen) e che si posizionerà accanto al Becoming Jane di Julian Jarrold (ancora 2007: l'autrice è interpretata da Anne Hathaway). 


Con questi film rimpinguerò per bene la mia dvdteca austeniana, che già comprendeva il "BBC Pride and Prejudice Special Version", in sei episodi del 1995 (con Jennifer Ehle nei panni di Elizabeth e Colin Firth di Darcy), il romantico, quasi sturmeliano Pride and Prejudice del 2005 diretto da Joe Wright con protagonista Keira Knightley (stessa fantastica accoppiata di Atonement), e il Sense and Sensibility del 1995, per cui Emma Thompson, che interpreta Elinor, ha vinto l'Oscar per la miglior sceneggiatura non originale. 
E infine, per concludere questo brevissimo resoconto, non posso tacere una menzione (d'onore) alle colonne sonore. Per chi ama il pianoforte, il soundtrack di Pride and Prejudice (2005) di Dario Marianelli è un perfetto esercizio, capace di evocare sensazioni meravigliose (in particolare i brani "Dawn" e il difficilissimo "Liz on Top of the World"). Becoming Jane è accompagnato da una musica dal tono dominante quasi tenebroso, viste le sue conclusioni; e i temi di Sense and Sensibility composti da Patrick Doyle, che ho ascoltato per la prima volta proprio al Jane Austen Centre a Bath, ti riportano dentro le atmosfere del film e dell'epoca di Austen, giocando tra la malinconia e la gioia in un crescendo di qualità musicale. Per ascoltare "Devonshire", uno dei brani più belli, vi rimando al link: http://www.youtube.com/watch?v=j5xV0sf5HAk. Buon ascolto!


2 ottobre 2011

Nuove rappresentazioni di Jane - i romanzi

Il nome Jane Austen non rappresenta solo la figura di una scrittrice. Nel corso della sua breve vita ella chiese al mondo di rispettare la propria modestia: nonostante avesse deciso di vivere "della sua penna" cercò di schivare il grande pubblico anche quando la sua fama aveva perso ogni limite; ma era pur sempre la figlia di un reverendo, e la scelta di non prendere marito se non per amore la rendeva già abbastanza anticonformista. Chissà cosa penserebbe oggi, a vedere quale insieme di fenomeni culturali, artistici, sociali, turistici e di costume sono scaturiti in memoria del suo nome e delle sue opere.
Una mia foto a Bath, 2007
I Jane-addicted conoscono bene tutte queste nuove rappresentazioni. Sono stati in visita al Jane Austen Centre a Bath, sono entrati con rispetto nel cottage di Chawton, hanno cercato la tomba dentro la cattedrale di Winchester e ammirato il cenotafio nel Poets' Corner a Westminster Abbey. E ogni volta che ci ritornano non possono trattenersi dal comprare una nuova edizione, dalla copertina ben curata o dalla rilegatura elegante, di Persuasion o Mansfield Park. E quando visitano questi luoghi, le Janeites non dimenticano mai di indossare un filo di perle, o un cammeo, o un nastro, o una trina, o semplicemente di portare con sé uno dei romanzi, quasi in segno di rispetto. 
Sugli scaffali delle librerie si fermano sempre incuriosite ad osservare le pubblicazioni di (coraggiosi) autori che oggi saccheggiano i romanzi di Austen per inventare nuove storie sui suoi personaggi. Non ho letto nessuno di questi libri, ma i più celebri in Italia sono i romanzi di Pamela Aidan dedicati al punto di vista esclusivo di Mr Darcy; Amanda Grange si è interessata non solo alle idee dell'innamorato di Lizzy, nel Mr Darcy's Diary, ma ha ricostruito anche i pensieri del (futuro) marito di Anne Elliot in Captain Wentworth's Diary, dello sposo di Marianne Dashwood nel Colonel Brandon's Diary, della "coscienza" di Emma in Mr Knightley's Diary. Non voglio dilungarmi troppo, quindi per conoscere i titoli di altri spin-off da Orgoglio e pregiudizio (il più gettonato!): http://www.web3king.com/janeausten/sequels.php.
Una notizia recentissima ci informa inoltre che la straordinaria giallista P.D. James ha scritto il proprio sequel "noir" di questo meraviglioso romanzo, che uscirà in libreria (in Inghilterra) il prossimo novembre. Le mie letture si sono intanto concentrate sui primi quattro romanzi (ma ne sono usciti altri, ad una velocità tale che non riesco a raccapezzarmici...) di Stephanie Barron, che hanno per protagonista la stessa Jane nelle vesti di una investigatrice e abile risolutrice di delitti. Al di là dell'intreccio "giallo", il talento dell'autrice si esprime nella sua rievocazione dell'epoca di Austen, che viene qui rappresentata con dovizia di dettagli, tutti ben studiati e accuratamente corrispondenti alla verità storica. 


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1 ottobre 2011

Gentlemen by Jane Austen

La letteratura di Jane Austen, così attenta alle espressioni del femminile, è anche e soprattutto uno studio dei rapporti delle donne con i coprotagonisti della loro realtà quotidiana, gli uomini. In ognuno dei romanzi si trova il contraltare alla donna che è il movente dell'intreccio, un uomo nei confronti del quale la protagonista si pone in termini (generalmente) di amore, (spesso) di inganno, (sempre) di denaro. 
Il denaro è l'aspetto senza dubbio predominante della narrativa austeniana. Le sorelle Bennet (Orgoglio e pregiudizio) e le sorelle Dashwood (Ragione e sentimento) rischiano seriamente lo stato di spinsterhood (zitellaggine...) a causa della mancanza di una dote adeguata: Marianne viene abbandonata dal suo amatissimo Willoughby, che le preferisce una Miss Grey e le sue cinquantamila sterline, e Elinor viene proditoriamente allontanata da Edward Ferrars perché la sorella di quest'ultimo teme che egli possa commettere l'errore di sposare una donna senza alcuna sostanza. Verso la fine di Pride and Prejudice, Elizabeth dichiara, non del tutto scherzosamente, di aver cominciato ad amare Darcy dopo aver visto la magnificenza della sua casa, Pemberley. E in effetti la signora Bennet passa le giornate ad esortare le figlie al matrimonio, poiché questa è l'unica soluzione ad una sicura povertà: e l'arrivo di Mr Bingley (con le sue 5000 sterline l'anno!) a Netherfield accende tutte le sue più vive speranze; d'altronde, "It is a truth universally acknowledged that a single man in possession of a good fortune must be in want of a wife".
R. Penry-Jones - Wentworth, 2007
Bingley è sicuramente uno degli uomini più semplici creati da Jane Austen. Di buon cuore, sempre allegro, privo di affettazione, è la giusta altra metà per Jane Bennet, anche lei amabile e incapace di concepire il male. Mr Knightley (Emma) è l'uomo più giusto, saggio e desiderabile del mondo, e il capitano Frederick Wentworth (Persuasion), con quel cipiglio di residua delusione che tradisce la costanza del sentimento, è dotato di un fascino fuori dal comune.
Figure come Mr Woodhouse (il padre di Emma), Sir Walter Elliot (il padre di Anne in Persuasion), il reverendo Collins (Pride and Prejudice) o Henry Crawford (Mansfield Park) sono totalmente negativi, contraddistinti dalla vanità, dall'egoismo, dal viscido opportunismo o da una certa incontenibile lussuria.
M. McFayden - Darcy, 2005
Wickham, il seduttore di Lydia Bennet (e prima ancora - quasi - di Georgiana Darcy), è il villain per eccellenza, ma il suo aspetto è quanto di più attraente e simpatico si possa immaginare. Gli altri personaggi maschili sono poi straordinariamente complessi, scissi tra moti di lealtà e ombre oscure del carattere. Darcy è, naturalmente, l'"uomo" austeniano per eccellenza; seppur incrinata dal pregiudizio (suo per gli altri e degli altri per lui), che lo rende talvolta odioso e sgradevole, la sua personalità si rivela impregnata di una dignità eccezionale, di bontà e di una generosità ineguagliate. Ma nemmeno Willoughby, colui che tanto dolore causa a Marianne Dashwood, è scevro di accenni di tenerezza, che alla fine del romanzo ci fanno quasi provare pena per lui -
Greg Wise - Willoughby, 1995
quando Elinor lo incontra per l'ultima volta, e lui è già sposato, "Willoughby, lui, che solo mezzora prima aveva aborrito come il più indegno degli uomini, Willoughby, nonostante tutte le sue colpe, le suscitava un tale senso di commiserazione per le sofferenze che esse avevano prodotto, che la facevano pensare a lui, ormai separato per sempre dalla sua famiglia, con una tenerezza, un rammarico, proporzionati, come presto riconobbe dentro di sé, più ai suoi desideri che ai suoi meriti": insomma, Willoughby l'avrebbe sposata, Marianne, se non fosse stato per il denaro.

J.L. Miller - Edmund Bertram, 1999
Edmund Bertram, infine, l'(anti)eroe di Mansfield Park, è un personaggio, date la sua ricchezza caratteriale e la sua contradditorietà, quasi novecentesco. Votato alla morale, è un uomo che sembra ambire all'immacolatezza (sostenuto in questo anche dalla cugina Fanny); eppure c'è una vena di tenebra dentro di lui, un groviglio di sensazioni che lo fanno innamorare della maliarda Mary Crawford e che gli risvegliano istinti tormentosi. Egli, tuttavia, rifugge dall'azione; anche quando gli eventi si rovesciano catastrofici sulla sua famiglia la sua reazione è più mesta che convinta, e la sua scelta di sposare, infine, la pudica Fanny non sembra altro che una soluzione per placare la sua coscienza.


30 settembre 2011

Ladies by Jane Austen

Il campionario femminile che ci offrono i romanzi di Jane Austen è così completo e ben definito da sembrare un manuale di comportamento.
Le sorelle Bennet 
L'epoca della Reggenza, infatti, ne produsse numerosi; e talvolta sembra davvero che anche la nostra autrice abbia voluto indagare i modi di fare e d'essere delle donne (e degli uomini). Il suo, però, non è mai un intervento censorio, severo, o pregiudizievole: la sua penna indugia su pregi (meno) e difetti (con maggiore attenzione) con il preciso e semplice intento di descriverli, e spesso trattandoli con delicata ironia. 
Sally Hawkins - Anne Elliot
Le ladies di Jane Austen sono le vere e grandiose protagoniste della sua letteratura, e sono personaggi così "round", ovvero piene di vita, di sensazioni e di personalità da differenziarsi nettamente l'una dall'altra, così come sono del tutto diverse tra loro le donne della realtà. Ci sono le donne pazienti, contraddistinte dalla forza e dalla costanza del cuore, che vivono pienamente eppure conservano nell'anima segreti e inguaribili tormenti: così sono Elinor Dashwood e Anne Elliot.
C'è la donna che vive sul punto di sbocciare, eppure sembra non realizzarsi mai: così è Fanny Price. C'è la donna la cui tenerezza del cuore riesce persino ad oscurare la stupenda bellezza: ed è Jane Bennet. C'è la donna che di comune ha tutto, tranne la potenza dell'amore: Jane Fairfax. C'è l'emanazione più sincera del romanticismo, Marianne Dashwood. 
Emma Thompson e Kate Winslet
Elinor e  Marianne Dashwood
C'è la donna dalla malia irresistibile ma priva di limpidezza, Mary Crawford; e quella il cui fulgore è così intenso da rasentare la presunzione, Emma Woodhouse.
L'ingenuità è rappresentata da Catherine Morland, mentre il caleidoscopio più variegato e più attraente delle qualità femminili è impersonato dalla straordinaria Elizabeth Bennet, la donna che in molte vorrebbero essere.
Jennifer Ehle - Elizabeth Bennet 
Nella incredibile trasposizione in sei episodi per la BBC di Orgoglio e pregiudizio Jennifer Ehle interpreta, nonostante l'età forse un po' avanzata, una superba Lizzy: un sorriso benevolo eppure arguto è la cifra del suo bel volto, un portamento sempre pronto all'energia distingue le sue membra molto "Regency". E anche nei momenti più critici della storia, quando persino dai suoi "fair eyes" (parola di Mr. Darcy) sgorgano delle lacrime, la sua allegria ci riempie il cuore di speranza. Così parla di lei la stessa Austen: "I must confess that I think her as delightful a character as ever appeared in print, and how I shall be able to tolerate those who do not like her at least, I do not know".




28 settembre 2011

Come scriveva Jane

Jane Austen's Museum, Chawton

I grandi romanzi di Jane Austen sono stati pensati, sudati, creati, riveduti e infine salutati per la pubblicazione presso questo tavolino, il writing desk al primo piano del cottage di Chawton.

Con penna e calamaio, spesso indugiando con lo sguardo oltre la finestra affacciata sul giardino, Jane ha saputo evocare un'intera epoca, inventando personaggi che sono complesse sfaccettature della natura umana, imbastendo situazioni comuni alla sua conoscenza, eppure così straordinarie nella loro qualità narrativa. Tanti passi della scrittura di Jane sono diventati aneddoti di una limpidezza eccezionale, riflessivi o arguti, profondi o taglienti, e sono tutti meritevoli di essere consegnati, immortali, ai posteri.

Sono straordinarie osservazioni di costume,
Per che cosa viviamo, se non per essere lo zimbello degli altri e prenderci gioco di loro a nostra volta?
Una donna, specialmente se ha la sfortuna di sapere qualcosa, deve nasconderlo al meglio delle sue possibilità.
La felicità coniugale è interamente questione di fortuna.
E' una verità universalmente riconosciuta che un uomo celibe in possesso di una grande fortuna debba essere alla ricerca di una moglie.
E' sempre incomprensibile per un uomo che una donna possa mai rifiutare un'offerta di matrimonio.

Esplorano i sentimenti,
L'amicizia è senza dubbio il miglior balsamo per le ferite dell'amore deluso.
Se ti amassi di meno, potrei essere in grado di parlarne di più.
Sono stata un'egoista per tutta la vita, nella pratica, se non per principio.
Raramente, molto raramente, la completa verità appartiene all'espressione umana; è raro che qualcosa non venga celato, o lievemente frainteso.
Non c'è bellezza che eguagli la tenerezza del cuore.

E trattano della scrittura,
Gli uomini hanno avuto ogni vantaggio a raccontarci la loro storia. L'istruzione è stata loro in così alto grado; la penna è stata nelle loro mani.
La persona, che sia un gentiluomo o una signora, che non trae piacere da un buon romanzo deve essere insopportabilmente stupida.
Che altre penne indugino sulla colpa e sulla miseria.

Jane guardava il suo ristretto mondo cogliendone i riflessi dell'universale, e questi ultimi riportava nelle sue storie. Nei suoi romanzi si intuiscono la grandezza e la piccolezza dell'uomo, la potenza irrefrenabile della letteratura, tutti gli strani meccanismi dell'amore.
Un brano di Persuasione nella mano di
Jane Austen
Ragione e sentimento dà conto della costanza del sentimento, delle passioni forti, del dolore del rifiuto; Orgoglio e pregiudizio indaga l'anima delle donne in tutte le loro variabili, dalle più grette alle più nobili; Emma ci racconta la vanità; Persuasione la nostalgia che scava nel cuore come un pungolo, nella disagevole consapevolezza del passare del tempo; Mansfield Park è il capolavoro, la trionfale rappresentazione della caducità dell'essere umano.
In Jane Austen si ritrova ogni cosa. E la sua scrittura, che varia da romanzo a romanzo, dai toni scintillanti di Pride and Prejudice all'incedere solenne di Mansfield Park, è un balsamo per la nostra mente tormentata dalle miserie del quotidiano, una consolazione per il nostro cuore avido di parole, una immortale soddisfazione per la nostra sete di bellezza.



25 settembre 2011

Una biografia di Jane

L'eccezionalità della vita di Jane Austen sta nella sua non eccezionalità. "La più perfetta artista tra le donne, la scrittrice i cui libri sono tutti immortali" (V. Woolf) nacque a Steventon il 16 dicembre 1775, ultima di sette figli di un ministro della chiesa dalle mediocri possibilità economiche.
La scarsità finanziaria costituì sempre una grave preoccupazione per gli Austen, ed è per questo che nei romanzi di Jane il denaro ricopre un ruolo precipuo e appare spesso come il vero movente dell'intreccio. 
La chiesa del reverendo Austen

Per mancanza di denaro sembra che Jane dovette rinunciare al suo vero amore; e rimase una spinster per tutta la vita, pur essendo stata chiesta in moglie, pare, almeno due volte. In un periodo di particolari ristrettezze gli Austen furono costretti, nel 1801, a trasferirsi a Bath, con enorme dispiacere della scrittrice che amava con tutto il cuore la campagna e i boschi del natio Hampshire e malsopportava la rumorosa affettazione della celebre città termale. Poté infine liberarsi da Bath nel 1809 quando il fratello Edward acquistò per lei, per la sorella Cassandra e per la loro madre il cottage di Chawton, presso Winchester. 
Lì Jane recuperò la tranquillità degli spazi verdi, il silenzio, le pacifiche passeggiate nei boschi e una vena narrativa straordinaria, spesa presso un minuscolo tavolino da scrittura: nel 1811 esce Sense and Sensibility, nel 1813 Pride and Prejudice, nel 1814 Mansfield Park, nel 1815 Emma. Ultimò faticosamente Persuasion (pubblicato postumo) quando la malattia le lasciava ancora poca tregua; e morì infine nel 1817 per essere poi sepolta nella cattedrale di Winchester.
La biografia più sentita e accurata dell'autrice è il Memoir del nipote James Edward Austen-Leigh; e anche l'epistolario di Jane, pur deprivato di tutte le lettere che ella stessa chiese a Cassandra di bruciare, è una straordinaria fonte di informazioni per poter immaginare come si svolgesse la sua vita. Nel 2003, poi ripubblicato nel 2007 dopo l'uscita del fortunato film omonimo dove Jane è impersonata da Anne Hathaway, è uscito per la prima volta Becoming Jane Austen di Jon Spence, che rivive la giovinezza della scrittrice sfruttando alcune sue lettere per ricostruire la sfortunata storia d'amore con Tom Lefroy (interpretato nel film da un bravo James McAvoy).
Il tavolo da scrittura di Jane a Chawton
Il racconto di Spence offre la figura di una Jane romantica e appassionata, un ideale che soddisfa pienamente i milioni di Janeites (così si definiscono i contagiati dalla "Austen-mania") sparsi in tutto il mondo; nonostante le fonti storiche a suffragio di tale interpretazione del rapporto con Mr. Lefroy non siano né certe né numerose, il pensiero che nei forti sentimenti di Marianne Dashwood, Elizabeth Bennet e Anne Elliott Jane Austen abbia voluto raccontare i propri ce la fa amare, se possibile, ancora di più.

19 settembre 2011

Dedicato a Jane Austen

Jane Austen ritratta dalla sorella Cassandra

Ho deciso di dedicare i miei prossimi post alla scrittrice che più di ogni altro autore mi ha colmato il cuore di delizia. Jane Austen, la responsabile della mia educazione sentimentale, non è solo una mente sopraffina, una penna magistrale, un'inarrivabile narratrice e una squisita ritrattista della sua epoca e del genere umano; Jane Austen è un movimento, un ideale, un modo d'essere e un modello cui aspirare, la più perfetta rappresentazione della donna, il più alto capolavoro di letteratura d'ingegno, di costume e d'emozione delle cui opere possiamo pregiarci. 
Solo raramente ho finora citato in questo diario online il nome e l'opera di Jane Austen: questa scelta è stata dovuta al fatto che per lei un post breve, incisivo e dalla netta inclinazione tematica come sono quelli di questo blog sarebbe stato troppo poco. E infatti ho menzionato qui solo superficialmente anche Henry James, e (anzi, credo mai) Shakespeare, perché sono autori che meritano un'attenzione prolungata e intensa, non solo per la loro evidente genialità ma anche per l'incommensurabile portata vitale che hanno saputo trasmettere a decine di generazioni di avidi lettori. Sono penne che ci hanno aiutato a crescere e ci hanno resi ciò che siamo; sono autori di parole alle quali non facciamo che ritornare, perché ci regalano conforto, chiarimento, perdono, indulgenza, stupore, pura bellezza. 
Lo spunto per aprire questa discussione su Jane Austen mi viene da due blog a cui mi sono recentemente iscritta, il primo italiano, Un tè con Jane Austen, il secondo americano, The Republic of Pemberley. Sono entrambi siti contraddistinti da una eccezionale cura, ricchissimi di stimoli intellettuali, attente descrizioni e interessanti rimandi e associazioni. Il blog italiano, in particolare, è molto ben studiato anche dal punto di vista grafico. Grazie a questi due esperimenti socioletterari (dal 3 ottobre parte, su Pemberley, un gruppo di lettura online di Persuasion), per la prima volta sento che i libri possono determinare un senso di appartenenza, anziché di isolamento; e che la passione per un'anima perduta nel tempo, che però resta in vita grazie alle parole, può accomunare spiriti affini fino a suscitare delicate amicizie. 
Anch'io dunque voglio dedicare un po' di questo mio adorato e coccolato spazio alla nostra amata Jane. Scriverò di lei, della sua opera, dei suoi personaggi, delle versioni extraletterarie che sono state evocate dalle sue storie. Senza mai dimenticare che dietro a ciascuna delle sue frasi, aggraziata, solenne, malinconica o gaia che essa sia, si intravvede come attraverso un riverbero lo spirito di una donna dalla personalità eccezionale. 

11 settembre 2011

Storie di case

L'aspetto più piacevole del romanzo che sto leggendo in questi giorni, Blackberry Vine di Joanne Harris, è il racconto di come Jay si impossessa e si insedia gradatamente nello chateau francese che ha acquistato sull'onda dei suoi ricordi d'infanzia.
È bello leggere di come le case, spazio predeterminato della vita dell'uomo, vengano restituite alla vita e alla funzionalità; nel paziente e talvolta faticoso processo di restauro o semplicemente di recupero di un ambiente domestico sta la natura essenziale dell'homo sapiens, quell'ambizione all'ordine e alla stabilità che ancora oggi qualifica la nostra esistenza. Le lingue anglosassoni esprimono meglio delle romanze la differenza tra la casa intesa come semplice edificio - the house, das Haus - e la casa quale ambito dell'estrinsecazione dell'identità - home, Heim. La riabilitazione di una casa dismessa, cadente o abbandonata è una forte affermazione di umanità: ne è dimostrazione il commovente passaggio di La brava terrorista di Doris Lessing, in cui la protagonista combatte contro tutto e tutti pur di rendere ad una casa deserta e poi occupata abusivamente la normalità della pulizia e del naturale funzionamento (l'acqua corrente, la corrente elettrica, la spesa alimentare). Questo tipo di racconti è più tipico della scrittura femminile - mi vengono in mente Louisa May Alcott, Rebecca West, Katherine Webb; ed è il vero soggetto di Under the Tuscan Sun di Frances Mayes, da cui è stato tratto un luminoso film con protagonista Diane Lane.

8 settembre 2011

Storie di famiglia

Questo pomeriggio, in una delle mie solite incursioni in libreria alla ricerca di novità da procurarmi o di cui scrivere magari in questo blog, mi sono imbattuta in un volume molto accattivante, L'eredità segreta di Katherine Webb. L'immagine di copertina ha subito stimolato una catena di ispirazioni, ma aprendo il risvolto per saperne di più ho scoperto di aver già letto il romanzo, nella sua versione inglese intitolata The Legacy. 
La storia è una storia di famiglia che cresce dal seme di un segreto. Dopo la morte della severa nonna Meredith, padrona di Storton Manor, le sorelle Calcott ritornano da eredi nella magnifica casa del Wiltshire, scena delle estati della loro infanzia. Rivivono allora il ricordo della tragica sparizione del cugino Henry, che aveva lasciato la famiglia distrutta. Erica, la più forte delle due sorelle, per guarire la depressione della maggiore decide di scoprire cos'è successo a Henry, in modo da chiudere i conti con il passato e permettere a sua sorella di ritrovare la serenità. E frugando tra le carte della nonna Erica viene a conoscenza della vera storia della sua famiglia e fa una scoperta sconvolgente sulla sua bisnonna Caroline, un'affascinante ereditiera di New York che si era trasferita per amore nel selvaggio Oklahoma all'inizio del Novecento, segnando con la sua vita avventurosa il destino dei Calcott.
L'idea di un mistero, spesso drammatico, che agisce come parassita devastante all'interno del microcosmo chiuso di una famiglia, è sempre l'ottimo movente per una storia (non manca mai nei libri di Kate Morton, ad esempio...): e anche il nuovo racconto che ho appena iniziato a scrivere nasce da questo germe narrativo.

27 agosto 2011

Stori(e) dell'arte

Durante il lunghissimo viaggio di ritorno dall'Inghilterra sono sprofondata nella lettura di un delizioso romanzo di Iain Pears, Il caso Raffaello, che apre una serie di sette libri, pubblicati tra il 1990 e il 2000, con protagonista Jonathan Argyll. Costui è un giovane inglese in trasferta in Italia, dottorando in storia dell'arte (destinato poi a diventare mercante d'arte), coinvolto in un caso di sparizione di un presunto quadro di Raffaello. Suoi compagni d'avventura in questa e nelle altre storie sono un generale della polizia e una sua collaboratrice, entrambi membri di un immaginario nucleo investigativo romano che si dedica proprio a contrastare il contrabbando di opere d'arte e la loro illegittima fuoriuscita dall'Italia. La storia è molto ben scritta, vivace, intrigante, e densa di quella accurata competenza artistica propria dello scrittore (che infatti è uno storico dell'arte). Stamattina ho concluso il secondo romanzo del ciclo, Il comitato Tiziano, ambientato in una Venezia autunnale piovosa e tormentata dall'acqua alta, mentre ho appena cominciato Il busto del Bernini, il cui setting iniziale è Los Angeles. Ma considerati gli altri due racconti, credo proprio che l'Italia non sia troppo lontana.... 

23 agosto 2011

Londra - diario di viaggio

Aveva ragione Kafka a pensare che o si vive o si scrive. I quattro giorni trascorsi a Londra sono stati così infervorati che non è stato possibile neanche ricordare di aggiornare questo blog. Ma ora che siamo di nuovo on the road, e c'è di nuovo la Francia ad occupare tutti e quattro i punti cardinali, posso tornare con calma ai ricordi della capitale, e rigodere nella memoria della sua bellezza con tutta l'intensità che l'immaginazione umana è in grado di risvegliare (come scriveva Wordsworth nella sua The Solitary Reaper).
Più che essere paragonata ad un libro da leggere e sfogliare, Londra è una biblioteca. Ci sono le sue plaques azzurro scuro, che sparse sui suoi muri recano testimonianza del passaggio dei grandi della letteratura (una app molto carina e utile se si vuole pianificare un tour si chiama appunto "Blue Plaques" e le elenca tutte, sia dentro che fuori la città). Westminster Abbey porta la traccia della loro fine terrena, a beneficio dell'imperitura fama dei loro scritti. Nel cortile intorno alla cattedrale di San Paolo, St. Paul's Churchyard, si respira ancora il fermento politico e intellettuale del decennio finale del XVIII secolo. Lungo Fleet Street sembra di vedere Dickens correre trafelato a consegnare le bozze di un nuovo numero dei suoi romanzi a puntate. I meandri scuri del grande fiume riportano alla mente le vicende al limite del tragico di uno dei suoi libri migliori, Il nostro comune amico. I giardini di Kensington riecheggiano ancora degli strilli dei bimbi sperduti riuniti insieme alle fate alla base della statua dedicata a Peter Pan. E altre migliaia di storie, di scrittura e di vita, si intrecciano fra le strade, i parchi e i palazzi, e lungo i corridoi degli immensi musei e delle gallerie d'arte che si moltiplicano ad ogni orizzonte della città. 
E poi c'è un luogo magico, The Shakespeare's Globe, che nonostante sia una riproduzione del mitico teatro andato a fuoco nel XVII secolo, ricalca la fascinazione dell'epoca in cui il Bardo in persona scriveva per questo palcoscenico, e gli attori ne declamavano i pentametri in una "O" (così si definisce il teatro - o il mondo? - nel prologo di Henry V) straripata di popolo, che per un penny poteva assistere, con gran clamore, alle imprese degli eroi dell'antica Roma, della storia britannica, delle novelle italiane, delle fiabe. La ricostruzione del Globe, opera di un ammiratore americano che ha saputo raccogliere fondi in tutto il mondo per la realizzazione di un ideale incomparabile, è basata sulle descrizioni più vivide del tempo, e rispetta le usanze del suo eccelso archetipo: le rappresentazioni si svolgono, come allora, alle 14, e il loro costo, intorno ai 5£, recupera l'intenzione di fare del teatro uno spettacolo democratico, capace di soddisfare l'emozione e la partecipazione di tutti gli amanti di Shakespeare, di Christopher Marlowe (che avrebbe forse potuto emularlo se non fosse stato assassinato tanto giovane), e in generale della vera e ineguagliabile età d'oro del play.