15 febbraio 2011

Ci vuole solo un istante

Il fumo, a volute sottili, s’inerpica lungo la carta da parati, che è qui e là intatta, qui e là tormentata da troppi anni di riscaldamento artificiale. L’inverno quest’anno è arrivato presto, e anche se è solo la fine d’ottobre il termosifone è già rovente, e appanna i vetri carichi di gocce di pioggia. La casa è vuota, nella penombra della sera che avanza da lontano: dalla porta del bagno, che hanno lasciata aperta, si espande il suono bolso di una lavatrice. Ovunque è quiete e grigiore.
E poi, d’un tratto, si spalanca nell’ingresso un fascio di vita, e due gambe ben tornite, calzate di azzurro cielo, entrano in scena: incespicano sull’orlo del tappeto, recuperano con un saltello, si incrociano, resistono, frenano a piedi uniti. Frana sul pavimento una cascata di buste giallognole, che ridanciane sparpagliano per ogni dove i loro tesori: le gambe del sedano altero, le frivole carote, il radicchio dal cipiglio arcigno, le cipolle allegre, due fiacche melanzane, e il capocomico: il peperone giallo. Le gambe azzurre sono impazienti: si piegano sulle ginocchia e lasciano il primo piano a due mani grandi, bianche, incise da ramoscelli di vene di lillà. Ci vuole solo un istante perché tutto sia raccattato e traslocato sopra il tavolo. Parte una canzone: la radio si schiarisce la voce e un fluido di note libere riempie lo spazio della casa, che ora è fulgida di colori, densa di vapore umano, distratta dalle sue inquietudini e dal tossire asmatico della vecchia lavatrice.
La cucina è l’incanto di una strega: troneggia la pentola panciuta sopra il timido fuoco, e borbottano le sue acque perigliose: una padella scarlatta sfrigola pettegola, ammiccando al pesciolino d’argento che con l’occhio sbarrato dal terrore aspetta nel lavandino l’ora della sua terribile fine. Si destano le verdure dalla loro quiete apparente, si guardano intorno, trasecolano alla vista del coltellaccio, e tutto darebbero per sfuggire al bagliore della sua lama; ma Gambe Azzurre non dà tregua: ci vuole solo un istante, e le protagoniste sono già scomparse, trafitte, sfumate in un fiume di colori a pezzettini, come un arlecchino stracco, rassegnato a sfociare nel gran mare salato della pentola bollente.
Ci vuole solo un istante: e la cena è servita.