In copertina, il ritratto della sorella di Effie ad opera di J.E. Millais |
Com’è difficile stare lontana dal
mio blog! Ma in queste settimane gli impegni della scuola e del mio corso di
abilitazione all’insegnamento mi stanno portando via tutto il tempo e le
energie… Stamattina però mi dedico subito subito ad Ipsa Legit, prima che le
dispense di “Progettazione didattica e formativa”, la lezione da preparare in
PowerPoint per domani, e i misteri della creazione di un Digital Story Telling
mi rubino l’ispirazione per scrivere.
Come vi anticipavo qualche giorno
fa, sto leggendo Effie. Storia di uno
scandalo di Suzanne Fagence Cooper (lo sto leggendo in inglese, in
italiano è stato pubblicato da Neri Pozza). È la storia, intensa e dolorosa, di
Euphemia, moglie dell’egregio John Ruskin – il maggior critico d’arte
britannico, emblema del vittorianesimo. L’autrice del romanzo fa riferimento a lettere
originali per ricostruire le amare vicende del matrimonio tra il grande
intellettuale e la splendida ragazza e con la sua scrittura davvero pregevole
ci restituisce la personalità concreta di Effie, che incontriamo come se fosse
una persona reale, e tutta l’enormità della sofferenza che dovette sopportare.
Lo scandalo che investì Londra quando ella, raro esempio di donna vittoriana che
si ribellò ad un destino di sottomissione, lasciò il marito perché John non
aveva voluto consumare il matrimonio, è solo una parte di questa storia, che
approfondisce invece molto bene la dimensione emotiva (e psicosomatica:
insonnie, tic nervosi, tremori, emicranie) del dolore di Effie e dei suoi
familiari, dei suoi amici e dei suoi tanti innamorati – compreso il secondo
marito, lo straordinario pittore John Everett Millais. La crudeltà cui Ruskin sottopose
la sua giovane moglie si realizzò innanzitutto nel rifiuto fisico, poi nel
preferire alla sua compagnia quella della propria madre e del proprio padre, poi
nel costringerla a frequentare il “bel mondo” in completa solitudine e dunque
senza la protezione necessaria, e infine nell’asserire che “his marriage was
the greatest crime he had ever committed in acting in opposition to his parents” [quel matrimonio era stato il peggior crimine che avesse mai commesso agendo in opposizione alla volontà dei suoi genitori].
E tale crudeltà raggiunse il culmine della pericolosità quando egli, ormai
probabilmente deciso a liberarsi di lei, avendo notato la simpatia che legava
Effie al suo giovane protetto Millais, fece in modo che i due trascorressero
insieme il maggior tempo possibile, sperando che la moglie cadesse in
tentazione. Ella invece resistette, e fu Ruskin a dover pagare il conto davanti
agli occhi (e alle voci) dei londinesi bramosi di pettegolezzi.
John Everett Millais, Spring, or Apple Blossom, 1859, National Museums Liverpool |
Nonostante questa attenzione,
ottimamente resa grazie una scrittura elegante e limpida, al mondo interiore di
tali grandi personaggi della storia inglese di metà Ottocento, io trovo che il
successo del romanzo di Cooper stia nella rappresentazione della scena
vittoriana. Sfogliando le sue pagine ci troviamo del tutto immersi in quel
mondo opulento, e disorientati dai suoi vividissimi contrasti. Grazie ad Effie
entriamo dalla porta principale nella rutilante Londra dell’Esposizione
Universale, in un tripudio di feste, di strascichi, di salotti, di
suppellettili preziose, di frequentazioni celebri (Effie fu compagna di scuola
di Elizabeth Gaskell e amica di vere personalità come Rawdon Brown), di
conversazioni edotte, di viaggi in Italia. “We can look over Effie’s shoulder as she stands at her open window on
Twelfth Night 1850, watching as Venice is transformed by snow. Across the
lagoon, San Giorgio Maggiore stands clean and cold, a silhouette against the
storm clouds. Effie pulls her blue velvet jacket over her shoulders” [Possiamo guardare da sopra la spalla di Effie, mentre ella sta davanti alla finestra aperta il giorno dell'Epifania del 1850, a guardare Venezia transfigurata dalla neve. Oltre la laguna, San Giorgio Maggiore si staglia limpida e fredda, solo un profilo contro le nuvole gonfie di tempesta. Effie si copre le spalle con la sua mantella di velluto blu]. Il
ritorno dell’immagine delle spalle di Effie, che conferisce una sottile
circolarità a questo breve passo, si sposa stilisticamente con la citazione
della ricchezza del velluto blu e con la descrizione di una Venezia pura,
algida, innevata e minacciata dalla tempesta, che ha un altissimo valore
simbolico.
John Everett Millais, Ophelia 1852, Tate Gallery |
La forza pittorica di questo libro
sta non solo nel suo talento icastico ma anche e soprattutto nella sua
rievocazione dell’ambiente artistico in cui Effie si ritrovò a vivere. Ella fu
dapprima moglie di un critico d’arte (che anche grazie a Stones of Venice assurse a fama internazionale e divenne una sorta
di “vate” della fruizione artistica di tardo Ottocento) e poi di un pittore,
per il quale posò molto frequentemente. John Everett Millais (autore del
conosciutissimo Ophelia), conciliò
nella propria carriera l’appartenenza alla Confraternita dei Preraffaelliti di
Dante Gabriel Rossetti, William Holman Hunt e Edward Burne-Jones, e l’ambizione
della Royal Academy. È grazie ad Everett Millais che ci rimangono i ritratti di
alcuni fra fra i campioni della sua epoca (non solo Ruskin, ma Tennyson,
Darwin, Gladstone e il Cardinale John Henry Newman) e l’intensa
rappresentazione degli ambienti vittoriani che Effie frequentò per tutta la
vita – atmosfere dense di colore, di nostalgia per un passato e una purezza
perduti, di dolorose costrizioni fisiche ed emotive, di dubbi devastanti sulla
natura dell’essere umano, malinconicamente solo sulla brillante scena di una
nazione in trionfo.