25 agosto 2013

L'estate in cui tutto cambiò

Come fare un sogno. Leggere L'estate in cui tutto cambiò di Penelope Lively (Guanda) è stato proprio come chiudere gli occhi in un sonnolento pomeriggio d'estate ed entrare in un piccolo mondo immaginario eppure tanto simile al vero, un onirico dolce e senza spaventi, duraturo nel tempo e nella memoria. Finalmente, dopo tanto tempo, una lettura a cinque stelle....
Negli anni Sessanta i londinesi Foster, mamma e papà silenziosi e maniaci dell'ordine e Maria, la loro quieta figlia di undici anni, arrivano nel Dorset per trascorrere le vacanze d'agosto. La loro residenza è una enorme casa vittoriana, ricca di angoli nascosti, di rifugi polverosi e di cassetti straripanti di tesori, e la cornice geografica, la costa antichissima di Lyme Regis, aggiunge fascino e preziosità a questo percorso nel tempo e nello spazio.
Il libro racconta, con una delicatezza e una profondità che solo i grandi narratori per l'infanzia sono in grado di raggiungere, il difficile cammino emotivo di una bambina intelligente che prende coscienza della propria crescita; e lo fa interrogandosi sulla misteriosa natura del Tempo e sull'idea, ardua da affrontare anche per un adulto, che il Tempo, e con esso i luoghi che ne sono influenzati, con dolorosa indifferenza sopravvivono all'uomo, al suo passaggio e alla sua dissipazione.
Aiutano Maria nelle sue riflessioni un accogliente leccio nel giardino, sul quale lei si arrampica quando ha particolare bisogno di star sola a pensare (perché, come tutte le bambine intelligenti, quando pensa Maria assume un'espressione fredda che non piace alle mamme, e ne viene rimproverata); un gatto che ha il potere di dire ciò che Maria sente nel cuore, ma che la fa arrabbiare; Martin, l'amico della famiglia accanto; un imparaticcio ricamato appeso nel salotto della signora Shand, la padrona di casa (il titolo originale del libro è infatti A Stitch in Time, ovvero un "punto" - di ricamo - nel tempo). Il ricamo, eseguito dalla zia della signora Shand, Harriet, quando aveva l'età di Maria nel 1865, ha sulla bambina l'effetto di un veicolo per un viaggio straordinario di immedesimazione nella mente di una ragazzina vittoriana piena di vita e un po' indisciplinata, che permette a Maria di soffermarsi con il pensiero sull'enigma dei cambiamenti nel tempo della specie umana e di ogni singolo individuo.

Il mare a Lyme Regis. Foto di Mara Barbuni (2007)
E ad alimentare il lavorio della mente di Maria ci sono poi i fossili, sparsi ovunque a Lyme, la blue lias (la roccia del Dorset), e la percezione incredibile dei movimenti della terra che da milioni di anni si muove sotto i nostri piedi. Tutto il mistero della geologia è restituito solennemente nelle parole di Lively, filtrate attraverso gli occhi e i pensieri della sua giovane protagonista:
"Il problema [delle case] era che l'abitato sorgeva sul pendio di una collina, anzi su diversi pendii, e sembrava che rischiasse di scivolare giù nel mare, perciò ogni casa doveva puntare i piedi, per così dire, ancorandosi al terreno con muri, terrazzi e giardini".
"Fu la scogliera ad attirare subito la sua attenzione. [...] Era il colore, soprattutto, il grigio-bluastro di ardesia così simile al cielo nuvoloso, al punto che il mare, passato da un verde latteo a un turchese pallido, correva come un nastro di colore tra la scogliera grigia, i ciottoli lucidi della spiaggia e il cielo pure grigio".
"[La roccia] all'improvviso prese vita sotto i suoi occhi. Perché era abitata. C'erano, come delicati scarabocchi sull'argilla, i vortici e le spirali di creature simili a conchiglie. [...] L'intera roccia era permeata di vita fantasma pietrificata".
"Harriet è come le ammoniti nella roccia, pensò, non è più qui eppure lo è, evanescente, attraverso le cose che ha lasciato. L'imparaticcio e i disegni sul libro. E le venne in mente, voltandosi per entrare in casa, che i luoghi sono come gli orologi. Hanno dentro di sé tutto il tempo esistito, tutte le cose mai successe. Vanno avanti, sempre, con le cose accadute nascoste dentro, e le puoi trovare, come si trovano i fossili spaccando la roccia".
L'estate in cui tutto cambiò è un libro che vale davvero la pena leggere, a qualsiasi età. Le ragazzine che stanno appena ora occhieggiando sul mondo dalle porte dell'infanzia vi troveranno un'amica meravigliosa, con la testa piena di sogni come la loro. Le loro mamme impareranno forse a comprenderle un po' di più. E le donne adulte rivivranno le gioie del loro essere bambine, quand'eravamo incantate dalla meraviglia, e guardavamo dentro le cose e dentro i paesaggi per essere certe di non perdere nemmeno una briciola della loro bellezza. E il mistero della loro vita ci pulsava dentro, e ci spingeva indefesso, ogni giorno, verso nuove avventure.
Il mare a Lyme Regis. Foto di Mara Barbuni (2007)
Altri post di IpsaLegit dedicati al paradiso naturale di Lyme Regis sono:

13 agosto 2013

Acqua Alta


In queste sere senza televisione mi sto dedicando a una lettura molto leggera, Acqua Alta di Donna Leon, consigliato da un mio professore come esempio di rappresentazione stereotipata dell'Italia. Perché neanche i best-seller sono esenti da scivoloni tutt'altro che dignitosi.... Ebbene sì, i gialli di Donna Leon sono conosciutissimi nel mondo, ne sono ricche anche le librerie di Berlino, e la serie con protagonista il veneziano Commissario Brunetti è arrivata con l'ultima recente uscita al ventunesimo episodio. Ma cosa ci sarà di tanto attraente in queste storie, mi sono chiesta aprendo la prima pagina. E ora che ho superato la metà, confesso, continuo a domandarmelo.
La storia si apre con una aggressione ad una storica dell'arte, compiuta fra le mura della sua stessa casa. Fra calci e pugni, i due delinquenti le intimano di non presentarsi all'appuntamento con il direttore del museo di Palazzo Ducale, il quale viene trovato morto pochi capitoli di seguito. Il titolare dell'indagine, Guido Brunetti, è costretto a svolgere le sue inchieste in una città minacciata dalle ondate di alta marea, porta con sè gli stivali di gomma, e si ritrova ad avere a che fare con personaggi che più che "round characters" sono maschere, allegorie - e l'Italia, bisogna dire, ne esce un po' malconcia.
C'è il funzionario della Questura con il fermacravatta a gioiello, i capelli impomatati e una tendenza a dare la propria attenzione solo ai potenti e ai benestanti (atteggiamento che si riscontra un po' in tutti i veneziani, baristi, infermieri, poliziotti, ecc.); ci sono ruoli di prestigio della conservazione del patrimonio artistico della città occupati da furfanti e contrabbandieri; c'è persino una segretaria stupefacente, che desta la sorpresa del Commissario per essere stata capace di fare una telefonata in inglese. Per non parlare della rappresentazione degli italiani del Sud, dipinti quasi indistintamente come delinquenti, subdoli ed eccessivamente curati nell'aspetto.
Insomma, il libro è piacevole perché conferma le attese, ma non posso meravigliarmi del fatto che l'autrice, che vive a Venezia da trent'anni (e sembra quasi vantarsene, nella cura che si percepisce nella descrizione degli itinerari di Brunetti su e giù per la città), non ne abbia permesso la traduzione in italiano.
Forse un altro aspetto della sua viziata visione degli italiani è proprio il non aspettarsi che siamo perfettamente in grado di leggere i suoi romanzi in lingua originale : )

8 agosto 2013

Ich bin ein(e) Berliner(in)

Brandenburger Tor. Foto di Mara Barbuni (2013)
Cari lettori, la mia prima settimana nella capitale tedesca è ormai trascorsa, e tra l'intreccio delle linee della metropolitana, le lunghissime camminate, le istruzione della lavatrice da decifrare, la perlustrazione dei supermercati e (soprattutto) le mie infinite lezioni di tedesco, sono riuscita oggi a ritagliarmi una piccola pausa per dedicarmi a IpsaLegit.
Pochi giorni fa ho terminato un romanzo di Scott Southard, A Jane Austen Daydream, che ho recensito insieme ad una delle amministratrici del sito Old Friends and New Fancies (cliccate qui se avete voglia di leggerla: http://oldfriendsnewfancies.blogspot.de/2013/08/recensione-jane-austen-daydream-di.html),  che ringrazio ancora di cuore per l'opportunità. Dopodiché ho intrapreso la lettura di Acqua Alta di Donna Leon, un giallo della serie "Commissario Brunetti Mysteries" che l'autrice statunitense ha ambientato a Venezia. Leon vive nella città lagunare sin dal 1981, ma non ha mai voluto che i 21 libri della serie venissero tradotti in italiano, forse perché molti dei suoi detrattori hanno ravvisato una "caduta" nello stereotipo nella sua rappresentazione della cultura italica.
Ma no, il tema di cui voglio scrivere oggi, in onore del mio recente espatrio, non è Venezia, bensì Berlino. Come tutte le grandi città che la Storia ha coinvolto nel proprio gioco dei dadi, anche Berlino è stata frequentemente oggetto e cornice delle attenzioni degli scrittori.
In un articolo uscito due anni fa sul Guardian (http://www.theguardian.com/travel/2011/aug/17/top-10-books-set-in-berlin), Malcolm Burgess ha stilato una lista dei (suoi) dieci migliori romanzi berlinesi, strutturata come segue:
1) Christopher Isherwood, Addio a Berlino (1939), che con i toni dell'autobiografia romanzata racconta la Berlino del primo dopoguerra e l'ascesa al potere di Hitler;
2) Alfred Doeblin, Berlin Alexanderplatz (1929), uno dei più grandi romanzi della letteratura tedesca del Novecento, ritratto della Berlino della Repubblica di Weimar;
3) Cees Nooteboom, Il giorno dei morti (2001), in cui, in una Berlino invernale, il protagonista cerca di rimettere insieme la sua vita, interrogandosi sul senso delle cose e sul valore della memoria;
4) Thomas Brussig, Eroi come noi (1995), il romanzo il cui protagonista è un giovane uomo che ha contribuito ad abbattere il Muro;
5) Chloe Aridijs, The Book of Clouds (2009; non ho trovato una traduzione italiana), evocativo romanzo contemporaneo in cui una giovane messicana fuggita dalla propria famiglia trova una città a sua volta imprigionata nel proprio passato;
6) Philip Kerr, Violette di marzo (1989), storia di un detective nella Berlino degli anni Trenta;
7) Ian McEwan, Lettera a Berlino (1990), ambientato nel 1955 in una Berlino surreale e pericolosa;
8) Hans Fallada, Ognuno muore solo (1947), storia della resistenza nel cuore della capitale hitleriana del 1940;
9) Anna Funder, Stasiland (2003), ritratto della polizia segreta della Germania Est e delle sue reazioni alla caduta del Muro;
10) Len Deighton, Funerale a Berlino (1964), classica spy-story nella città stretta nella morsa della "cortina di ferro".

C'è però un libro particolarmente importante ed evocativo che Burgess non ha nominato, e che invece è rimasto nella mia memoria per molti anni dopo averlo letto. Si tratta di Il cielo diviso di Christa Wolf, pubblicato nel 1963. E' la storia, narrata in flashback dopo un incidente sul lavoro, dell'amore fra Rita e Manfred, osteggiato, contrastato e infine prosciugato dalla tragedia della ferita inferta alla città con la costruzione del Muro. Laddove infatti Manfred sceglie di fuggire nel mondo occidentale alla ricerca di una carriera più soddisfacente, la giovane Rita, pur innamorata, fatica a prendere una decisione, mentre sullo sfondo dei suoi ripensamenti e delle sue dichiarazioni di adesione all'ideale socialista, il Muro diviene velocemente una realtà: il filo spinato, i posti di guardia sempre più inflessibili, i mattoni, uno dopo l'altro, tanto in alto da sembrare di poter dividere anche il cielo.