1 febbraio 2015

Colpa d'amore

L'altra sera ho finito di leggere un altro dei tanti romanzi di Elizabeth von Arnim, autrice “scoperta” per il pubblico italiano da Bollati Boringhieri, e di cui ho spesso avuto modo di parlare. Benché il mio preferito resti sempre il “primo amore”, Un incantevole aprile, tutti i libri di von Arnim mi hanno affascinata, per un motivo o per un altro: da La fattoria dei gelsomini al Circolo delle ingrate, da Una donna indipendente a Un’estate da sola, fino a quest’ultimo Colpa d’amore (Expiation, 1929), tradotto da S. Garavelli. 
Come spesso avviene, la trama è piuttosto semplice, e si dipana senza grandi scossoni a partire da un singolo evento. In questo caso, tutto comincia con la morte di un uomo, Ernest Bott, a causa di un incidente stradale: la moglie, Milly, si ritrova praticamente diseredata e la ridda di sospetti, calunnie, e scandalizzati pettegolezzi che si scatena per questo motivo in seno alla famiglia del marito occupa l’intero romanzo. 
L’abilità della scrittrice sta in primo luogo nel dipingere con raffinata ironia proprio il vespaio suscitato dagli eventi: le cognate di Milly formano una specie di nidiata di serpi, mentre i cognati, i fratelli di Ernest, si rivelano tutti sottomessi, o per meglio dire terrorizzati, dalle donne della loro vita, e molto impegnati a reprimere i loro desideri. Von Arnim riesce a tratteggiare dei ritratti caratteriali pieni e narrativamente robusti: il lettore faticherà a dimenticare la sorella di Milly, divenuta un arcigno ramo secco a causa delle asperità della vita che si è scelta; o la cognata Nora – che compare raramente, ma brilla per la sua passionalità talvolta difficile da controllare; o ancor di più la vecchia Bott, madre del defunto, che nella sua svagatezza dimostra un saldo buon senso e una capacità di controllo che riesce a salvare tutta la famiglia. 
Il libro si divide in due parti: nella prima è Milly la protagonista, e sono i suoi pensieri, le sue aspettative, i suoi tormenti a occupare le pagine. Il trionfo della sua osservazione del mondo si raggiunge quando “Milly, ammutolita, si chiese se in fondo non fossero i buoni, coloro i quali bisognava sforzarsi di essere indulgenti e comprensivi.” È una frase che lascia molto su cui riflettere, e che invita a porsi delle domande sulla natura di quella moralità tutta esteriore che ammorbava la società di allora, esattamente come quella di oggi. Nella seconda parte, più vivida e anche divertente, assistiamo ai fuochi artificiali esplosi dalla presenza di Milly nelle diverse case dei cognati: i litigi su chi la debba ospitare, le gelosie delle mogli, i dubbi degli uomini, e sullo sfondo il serpeggiare di un sospetto che rischia di violare la sacralità del valore supremo dei Bott: la discrezione. 
Leon Wyczółkowskii,
Primavera a Goscieradz
Infine, come al solito, anche in questo libro non possono mancare quelle miniature ambientali fresche, vivaci, piene di colore e di profumi che caratterizzano la grande scrittura di von Arnim: come quando Milly cammina per Londra e attraversa “le piazze inondate di sole; […] notò i tetti delle case che tornavano a brillare contro il cielo azzurro, lo slancio di uno stormo di piccioni, le ali anch’esse lucenti, il riflesso sui capelli di una ragazza mentre strofinava la soglia di casa”; oppure “la casa sembrava deserta; vuota di tutto tranne che del sole e del vento di aprile. Porte e finestre erano spalancate per arieggiare la camera, il materasso rivoltato. Il pigiama di George […] era appeso a una sedia nel suo spogliatoio, le gambe che ondeggiavano penzoloni nella corrente. Dovunque l’odore del detersivo lottava con quello delle violacciocche che entrava dalla porta d’ingresso.” Come se quell’aria benefica ci restituisse la speranza che si possa purificare il mondo dall'ipocrisia e dalla maldicenza.

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