10 giugno 2015

Elogio dei libri

Come fanno, certe persone che ti conoscono solo “online”, a regalarti un libro che si adatta perfettamente ai tuoi gusti? A me è successo con La lettrice di Annie François (TEA, prima ed. Guanda), un librino che esplora tutte le straordinarie manie di noi appassionati di libri. L’ho letto praticamente tutto in metropolitana, ritrovandomi a sorridere molto spesso e a rischiare di perdere la mia fermata. È un libretto divertente e illuminante, ogni capitolo del quale è dedicato a una delle nostre comuni fissazioni (ditemi un po’ se vi ci ritrovate): l’uso dei segnalibro, la sofferenza nel dare in prestito i propri tesori, l’incapacità di buttar via un libro, la compulsione all’acquisto in libreria, il complicato rapporto con le fascette e l’ostilità per i codici a barre, il culto delle dediche e degli ex-libris, il senso di turbamento che non ci abbandona quando non riusciamo a finire un’opera di letteratura…. Io mi dichiaro colpevole di tutte queste fisime. 
Cominciamo con i segnalibro, il souvenir perfetto – e poco costoso – di ogni viaggio. Ecco i miei preferiti, dei “veri” segnalibro, ma vanno bene anche cartoline illustrate, nastri, cartoncini decorati.

©IpsaLegitPictures 2015
Si infilano nei libri, si lasciano lì, ci si dimentica della loro esistenza e poi, dopo anni, riaprendo lo stesso volume, eccoli spuntare, eleganti testimoni di un tempo passato. Scrive Annie François, che segna le sue pagine con qualunque cosa le capiti a tiro: «I miei libri sono farciti di articoli, di vecchie lettere, di note della spesa. Presi a caso, esalano i loro segreti dimenticati. Liberati dalla stretta dei loro vicini, si gonfiano di ricordi non meno intensi di una dedica. Vivono doppiamente, della loro storia e della mia». Seconda mania: il prestito. Anch’io, come l’autrice, soffro nel leggere libri prestati da altri – ho il terrore di rovinarli, avverto la necessità di leggerli in fretta per restituirli il prima possibile, devo legarmi le mani per evitarmi di sottolineare i passi più amati. Insomma, se posso, evito. E se posso evito anche di dare in prestito: troppi amici perduti a causa di questa follia (e con amici intendo i libri)! Terzo problema – questo è davvero serio: entrare in libreria. Come uscirne a mani vuote? Impossibile. Scrive Annie François: «Ci vado soltanto quando ho un titolo in mente. Anche in tal caso, esco con almeno tre libri». Appunto. «Mi distolgo dalla vetrina delle librerie per evitare di farmi prendere dalla golosità. […] La cosa peggiore, per me, è il Salone del libro».
Quarta fissazione: cifrare i libri. Lo faccio sempre, apponendo di solito il nome (e non il cognome) e la data in cui sono venuta in possesso del volume. Oppure specifico il luogo, se il libro è stato acquistato in una città particolare o durante un viaggio significativo. Ultimamente ho iniziato ad aggiungere un altro segno di riconoscimento, una piccola rosa. Insomma, il libro è mio, ed è una consapevolezza che dà un certo piacere.
In questi ultimi giorni un mio pensiero tormentoso è come proteggere e riporre un volume di un certo pregio, un Little Women and Good Wives di Louisa May Alcott stampato nel 1913. Spolverarlo tutti i giorni? Conservarlo in una busta trasparente? Procurarmi un copri-libro in stoffa? Mi consolo ricordando com’è asciutto il clima in questa città… lontana dalle minacce dell’umidità della pianura padana, ho tutto il tempo di farmi venire in mente la soluzione più adatta.
©IpsaLegitPictures 2015
Questo libro è un vero gioiello: reca in sé l’aria di mare dell’Isola di Wight, ha una preziosa copertina Art Nouveau (la costola è un incantesimo…), una bella illustrazione interna e poi… e poi c’è un ex-libris, che annuncia che il volume è stato un premio per una ragazza, Dorothy Langley, che nel 1913 frequentava la Thomas Sunday School di Newport (Isola di Wight). Questa breve dedica sembra aprire un mondo, sbrigliando la fantasia e lasciando intuire la storia, appena abbozzata, di un’altra “piccola donna”.
I libri sono eterni ricettacoli di sogni e di memorie.