2 dicembre 2015

La poesia di Elizabeth Siddal

Durante il mio ultimo viaggio in Italia ho ricevuto in dono da mia sorella un librino molto bello, sia per forma che per contenuto: Poesie di Elizabeth Siddal, pubblicato da Damocle Edizioni. Damocle è una casa editrice indipendente specializzata nella pubblicazione di saggistica, poesia, libri d’artista e teatro: la sua libreria si trova a Venezia, a San Polo, in Calle del Perdon 1311. Alla manifestazione Artbookberlin 2015, una fiera del libro d’artista che si è tenuta a Berlino qualche giorno fa, ho incontrato Damocle “di persona”: lo stand era ricco di vere opere uniche che mescolano la letteratura con le più disparate forme artistiche - dall’acquerello al mosaico, dalla fotografia all’illustrazione a matita - servendosi di raffinate tecniche e materiali come la carta cotone, la stampa a caratteri tipografici, la cucitura a mano, il vetro, il velluto, la madreperla. (Per consultare il loro catalogo: https://edizionidamocle.wordpress.com/
In quell’occasione non ho saputo resistere e ho acquistato un altro volumetto, del quale parlerò prossimamente: Walter Sickert: una conversazione di Virginia Woolf. 
Dante Gabriel Rossetti, Beata Beatrix
(Londra, Tate Britain), 1872
Ma torniamo a Elizabeth Siddal, la musa dei Preraffaelliti, che posò per Walter Howell Deverett, William Holman Hunt e John Everett Millais, fu la protetta di Ruskin, sposò Dante Gabriel Rossetti, e fu a sua volta una pittrice e disegnatrice: le opere ispirate a temi letterari e il suo autoritratto a olio furono esposti nel Salone Preraffaellita di Russel Place. La raccolta delle sue quindici poesie, tradotte (e introdotte) in questo libricino da Conny Stockhausen, rivela una sensibilità fortemente caratterizzata dalle atmosfere languide, quasi morbosamente malinconiche, di quel tardo Ottocento: come dimostrano i versi di Tennyson (sommo poeta dell’età vittoriana), i motivi della temperie romantica si sciolgono in una nostalgia dolorosa eppure delicatissima, in un rimpianto del passato nel quale la passione d’amore e il senso sempre incombente della morte si fondono ineluttabilmente. In “Amore e odio” (Love and Hate) Siddal scrive: «Volgi altrove i tuoi bugiardi occhi cupi, / e non posarli sul mio viso; / immenso amore ti diedi: ora l’immenso odio / s’insidia crudelmente al suo posto», e non posso fare a meno di pensare che si stia rivolgendo a Dante Rossetti, suo amante e poi marito, dal quale Elizabeth ricevette lezioni d’arte, passione sfrenata ma anche tanta implacabile sofferenza. E i versi di “Un anno e un giorno” (A Year and a Day) «Il fiume scorre eterno / nel suo letto erboso, / le voci di migliaia di uccelli / risuonano sul mio capo, / mi porteranno un sogno ancora più triste / di quando questo triste sogno avrà fine» mi sembrano come l’ekfrasis dell’Ophelia di Millais, riportata non a caso sulla copertina del volumetto. Il viso di Ofelia morta è quello di Elizabeth Siddal.

John Everett Millais, Ophelia (Londra, Tate Gallery), 1851-2.  Particolare.

Un interessante e completo sito web sulla pittrice e poetessa è http://lizziesiddal.com/portal/